Anche nella scrittura raccogli quello che semini. (Set Up/Pay Off)

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C’è chi crede che, per cogliere di sorpresa il lettore, non si debba dargli alcun avvertimento di ciò che accadrà. Ma questo è un errore: un colpo di scena non è tale se non è anticipato da un segnale d’allarme. Altrimenti, appare ingiustificato e il lettore si infastidisce.

Molti di voi avranno sentito il famoso principio di Anton Cechov, che afferma che, se all’inizio della storia presenti un fucile, prima o poi quel fucile deve sparare. Questo significa che tutti gli elementi che inserisci in un racconto devono avere un’utilità a livello della narrazione. Ma il principio inverso è altrettanto valido: se alla fine della storia un fucile spara, è perché all’inizio della storia c’era un fucile con un colpo in canna. Se non avevamo mai anticipato l’esistenza del fucile al lettore, quest’ultimo rimane spiacevolmente sorpreso dalla sua comparsa improvvisa: si sentirà preso in giro. Tirare fuori un coniglio da un cappello va bene in uno spettacolo di magia in cui lo spettatore pretende di essere sorpreso, non in un libro. Tutto ciò che avviene all’interno della storia deve trovare fondamento nelle sue basi: bisogna gettare le sementa, prima di raccogliere i frutti.

Si tratta sempre della solita questione, ovvero la corretta gestione delle informazioni: raccontare una storia significa in gran parte gestire una serie di informazioni. Bisogna sapere in quale ordine rivelare i fatti al lettore, quando spiegare un po’ di più e quando, invece, tacere. È controproducente svelare troppo e tutto subito: sarebbe un po’ come rivelare l’identità dell’assassino alla prima riga di un romanzo giallo. E quanto questo possa far indispettire il lettore lo sappiamo tutti.

Tuttavia, è sconvolgente scoprire che il principio inverso non sembra altrettanto conosciuto tra gli aspiranti scrittori. O meglio, è conosciuto, ma non sempre apprezzato. Molti si convincono che, se il lettore non se lo aspetta, il colpo di scena ha più effetto. Ho letto racconti di aspiranti scrittori che facevano sbucare mostri dietro armadi, dell’esistenza dei quali non avevano mai informato il lettore. Alcuni si illudono che non rivelare mai nessun indizio che porti il lettore a scoprire da solo l’identità dell’assassino sia meglio. Questo è assurdo: è come far sentire il lettore uno stupido perché non ci è arrivato, l’estraneo che non sa nulla, l’unico all’oscuro di una grande verità che conoscono tutti. Come può piacerti un libro che devasta la tua autostima? A tutti piace sentirsi intelligenti, trovare la risposta alle domande con le proprie forze: ti fa credere di avere il controllo della situazione, una cosa che ormai ci sfugge sempre di più in questo mondo caotico dominato dal world wide web.

Questo principio è molto ben reso dalla regola del Set Up e del Pay Off in sceneggiatura.

Il Set Up è la semina, ovvero il momento in cui fornisci al lettore un’informazione che si rivelerà molto utile, ma che per il momento è camuffata come informazione non importante. In un mondo in cui siamo assuefatti di storie e l’ingenuità del pubblico dei Lumieres è un ricordo lontano, i lettori e gli spettatori sono sempre più abili a scovare l’indizio nascosto: bisogna quindi affinare sempre più l’ingegno per trovare il modo di presentare l’informazione chiave in modo che non sveli subito la propria utilità, ma che non passi neppure inosservata. Sullo schermo è più difficile, perché l’immagine perdura per pochi istanti e l’occhio dell’osservatore è sempre attirato dagli elementi in movimento o dai personaggi. Se l’elemento chiave si nasconde troppo, passa inosservato, se si mostra troppo, è “sgamabile”.  Per fortuna, rispetto allo sceneggiatore, lo scrittore può camuffare l’elemento del Set Up in molti modi ed ha più tempo a disposizione per farlo.

Il Pay Off è il raccolto, ovvero il momento in cui l’informazione preposta nel Set Up rivela la sua utilità. È qui che avviene il “colpo di scena”, l’evento a sorpresa che, se proprio andiamo a vedere, era stato predisposto nel Set Up. Se abbiamo giocato al meglio con le informazioni a nostra disposizione, l’effetto a sorpresa riuscirà senza essere stato rovinato da un Set Up troppo evidente, ma senza neppure risultare privo di giustificazione con un Set Up totalmente assente.

Set Up e Pay Off procedono a braccetto: non devono essere mai presi da soli, l’uno denza l’altro. All’interno di un film, ci sono un grosso Set Up (l’inizio) e un grosso Pay Off (lo svolgimento finale), ma ci sono anche infinite coppie di Set Up e Pay Off minori. Ogni scena presenta almeno uno dei due, altrimenti è una scena inefficace.

22 commenti Aggiungi il tuo

  1. Adriano ha detto:

    Questo è interessante. Se sfruttati bene, sia il Set Up che il Pay Off possono determinare il successo di un racconto, perché una buona storia da sola non basta, bisogna anche saperla raccontare nella giusta maniera.

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    1. Regina Scuto ha detto:

      Sono d’accordo: di buone storie se ne trovano molte, ma le storie ben raccontate sono rare. Molto sta nel modo in cui lo scrittore riesce a combinare le informazioni, tenendo il lettore inchiodato alla pagina grazie alla suspence ed a un ritmo avvincente. Tenere a mente il principio del Set Up/ Pay Off può aiutare molto.

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      1. Adriano ha detto:

        Esattamente, questo principio può essere di grande aiuto e facendo un po’ di pratica si può riuscire a padroneggiarlo 🙂

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  2. Michele Scarparo ha detto:

    Principio sacrosanto. Io infatti non capisco quelli (e ce ne sono tanti) che si mettono davanti alla tastiera e scrivono, “lasciando che i personaggi seguano il proprio corso”.
    Cioè: anche Giotto si metteva davanti alla tela e, a mano libera, disegnava un cerchio. Però era Giotto: ne è nato uno, poi mai più. Tutti quelli che non si chiamano Giotto fanno bene a usare un compasso.
    La scrittura è uguale. No?

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    1. Regina Scuto ha detto:

      Grazie per il commento positivo 🙂 Per quanto mi riguarda, io la trama la costruisco come una struttura architettonica complessa: prima di mettermi a scrivere, ho già in mente tutto. Non condivido il metodo “mettiti a scrivere e vedi dove ti portano i personaggi”, anche se non mi sento di giudicare: forse il loro metodo si adegua meglio ad un altro genere o ad un altro target. Io, per me, credo che raccontare una buona storia nel modo giusto significa tanto impegno e tanto lavoro di auto perfezionamento!

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  3. Zeus ha detto:

    Ottima trattazione. Complimenti.

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    1. Regina Scuto ha detto:

      Grazie 😊

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  4. newwhitebear ha detto:

    certo i colpi di scena dello stupire il lettore e spingerlo a proseguire nella lettura.
    Interessante il post come i precedenti

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  5. Regina Scuto ha detto:

    Grazie 😊

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  6. Mandorla ha detto:

    Ti ho nominata per il Liebster Award. Se ti fa piacere vieni a vedere di che si tratta 🙂
    https://ildiariodimandorla.wordpress.com/2017/03/28/liebster-award-sono-stata-nominata/

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    1. Regina Scuto ha detto:

      Partecipo molto volentieri! Grazie 😊

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      1. Mandorla ha detto:

        Ne sono felice. A presto.

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  7. gigifaggella ha detto:

    Bè ma è davvero interessante…ma sei una professionista del mondo editoriale? 🙂

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    1. Regina Scuto ha detto:

      Grazie 😊Purtroppo, no: sono solo una grande appassionata di scrittura e narrazione di storie. Certo, se mi capitasse l’occasione, non esiterei ad entrare a far parte di quel mondo!

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      1. gigifaggella ha detto:

        Bè allora doppi complimenti…credo che tu sia davvero portata per tutto ciò che attiene alla scrittura…

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      2. Regina Scuto ha detto:

        Grazie ancora 🙂 Fa piacere un bell’incoraggiamento!

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